Un’altra «sfoltita» agli alberi di piazza Malatesta

Un’altra «sfoltita» agli alberi di piazza Malatesta

Parlando di chiome verdi ormai non è rimasto più niente, stamattina ne hanno stese altre...

«Per questo i tecnici studieranno modi, maniere e procedure anche per ‘salvare’ gli esemplari malati e pericolanti, fino a prevedere magari degli specifici supporti» (per gli alberi di piazza Malatesta; ndr). Per tutta la mattinata abbiamo chiesto a destra, ma soprattutto a “manca” chi mai abbia pronunciato questa frase che ci ronza fastidiosamente in testa, da ore. Ma chi sarà? Nessuno ci ha ancora illuminati. Mah.

Mentre fotografiamo i mozziconi di due dei tre platani (sicuramente malati, pericolosissssimi e irrecuperabili, non dev’esserci alcun dubbio) a fianco del teatro Galli, click. Uno scatto e uno sforzo per ricordare, un altro click e ancora un giro nel labirinto della memoria. Nulla di fatto. Ci si mette anche il rumore lontano di una motosega (?) in azione. Brutto segnale. No, non può essere. È sicuramente un fischio distorto, un difetto dell’orecchio perché «Le dico di più: se non ci fossero, bisognerebbe prevederli perché quella cortina bellissima di verde e natura» … e… daje con un’altra frase che torna a galla. Non se ne può proprio più. E questo mitragliare di ferro contro legno, non promette nulla di buono. No, non è possibile che stiano segando un altro albero.

Invece, dall’altra parte della piazza, verso Castel Sismondo (per ora si chiama ancora così, più avanti si vedrà), armato di motosega, un addetto alle “cure” sta “accarezzando” la chioma di un albero. Un pino. Mentre assistiamo al triste precipitar di rami e aghi verdi e tosti che sembrano denunciare salute, eccone un’altra, più prepotente delle prime, affacciarsi alla finestra di una memoria assai labile, dannazione.

Ancora il vagito di una frase a effetto: «Un bel salto mentale dai tempi, ancora recentissimi, quando nessuno si preoccupava di quei platani, muti e tristi ‘parcometri’ soffocati dalle radici alle cime da ruote, lamiere e fumi di scarico». Magari avessero continuato a non preoccuparsene. Ma chi sarà il padre di sì accorte considerazioni? Meglio fare quattro passi. Potrebbero servire per uscire dalle nebbie dei confusi ricordi. Chissà. Cammina e cammina, rimugina che ti rimugina a capo chino, quando rialziamo lo sguardo ci ritroviamo dietro al Palazzo del Podestà. Precisamente, siamo nel Giardino delle Mimose. Davanti agli occhi ci si para un tendone rosso da circo. Nel turbinìo delle sensazioni, d’improvviso si squarcia il velo.

È lui. Il tendone di Mangiafoco, e Lucignolo, e le orecchie, la paglia, il vento, sì, anche quello di Fellini, che trasporta emozioni, sentimenti, malinconia e talvolta trascina via con sé anche le parole: fiat lux! Ecco, di chi erano…

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