La balena bianca … di calcare

La balena bianca … di calcare

A San Giuliano l'opera che ricorda l'episodio del capodoglio arenatosi davanti alla spiaggia della “Barafonda”, è stata ricoperta da una incrostazione biancastra. Decisamente bella, ma necessita di un restauro.

Per i pochi che non ne fossero a conoscenza, la fontana di piazza della Balena a San Giuliano è un’opera che fu commissionata dal comune di Rimini allo scultore Elio Morri (1913-1992). L’intera realizzazione venne tuttavia portata a compimento dall’avio/scultore Bruno Militi (1927-2019) e inaugurata nel 1969.

L’ossidazione del rame e dell’ottone, come quella del bronzo e di altri elementi, negli anni conferisce ai materiali una pàtina. Quella fascinosa caratteristica di vetustà è dovuta sia a particolari condizioni ambientali che al trascorrere del tempo. Si pensi alle iridescenze dei vetri antichi che interrati per secoli e secoli hanno come conseguenza l’usura della superficie causata dall’acido carbonico presente nei terreni. Ecco quindi che la scomposizione della luce nei sette colori primari, crea il caratteristico effetto cangiante. Il bronzo antico può acquisire almeno sei diverse colorazioni. Quella del rame, bruno, nero, verde e verde–azzurrino. Ma, quale che sia il materiale (nella fattispecie, rame), se questo è una fontana a forma di balena e viene trascurato, può avere anche un bel colore candido che mi piacerebbe battezzare “Bianco Pamukkale” (in turco, castello di cotone) a ricordo delle famose vasche calcaree anatoliche. Ebbene, la fontana dell’omonima piazzetta di San Giuliano a Mare è in gran parte imprigionata nel sedimento prodotto dall’acqua che, piovendole addosso, forma i suddetti piastroni bianchi.

Attraverso un articolo in cui compariva specifica documentazione fotografica, già due anni fa ho tentato di convogliare l’attenzione delle istituzioni sull’irriverente calcare, adagiato come neve sulla balena. Ergo: l’irriverenza, se non altro verso i due artisti coinvolti, non è esclusiva specialità della fastidiosa incrostazione biancastra. Lo attesta il fatto che in poco meno di 24 mesi il fenomeno non solo non sia stato eliminato, ma risulti ancora più evidente. La fontana della piazza sta diventando la “balena bianca” della Barafonda. A costo di provocare sbadigli, vorrei ribadire una critica avanzata di recente. A Rimini ci sono monumenti che da troppo tempo attendono restauri. Non sto ora a elencarli. Del resto, Palazzo Garampi sa bene quali siano e altrettanto bene sa che da queste colonne si sono levati vari appelli affinché si intervenisse dando priorità, come logica vorrebbe, alla conservazione e al restauro dei beni in nostro possesso, alcuni dei quali, in evidente deperimento, si trovano in pieno centro storico. Diciamo chiaramente che se si fosse agito secondo logica, le risorse stanziate per opere quantomeno discutibili, ma mai discusse (chissà perché?), si sarebbero potute utilizzare diversamente.

Mentre scatto qualche foto alla scultura, non molto distante da me noto un signore di una certa età, zucchetto militare in testa, occhiali scuri, baffoni bianchi e un cane al fianco, credo un segugio, che mi guarda. Non il cane, il signore. I due, curiosamente, si assomigliano. Càpita. Comincia una conversazione (con il padrone) che verte sulla darsena, gli hotel abbandonati, San Giuliano e le promesse elettorali, a mio modo di vedere, disattese. Da parte del mio interlocutore, avverto al riguardo una percezione vagamente asincrona. Il discorso cade inevitabilmente anche sul canuto cetaceo che sto immortalando. Il signore con il cane riferisce che le cassette portafiori sono state sistemate tutt’attorno alla vasca della fontana per mettere a dimora specie ed essenze vegetali. Lo dice quasi con orgoglio. “Non capisco, ma mi adeguo”, come diceva Maurizio Ferrini (Quelli della notte; ’85). Sfogliando le cronache locali di fine giugno del 2020, leggo che «Il sindaco Andrea Gnassi presenta oggi “l’urban garden” (giardino urbano? Volgare; ndr) realizzato con il concorso di Comitato Turistico San Giuliano Mare, Giardini d’autore e Ci.Vi.Vo. (Civico.Vicino.Volontario)».

Gnassi parla di «un “herbarium urbano” sperimentale», ringrazia finanziatori e volontari, evidenzia con il giallo zafferano che si dà nuova vita alla piazza della Balena e alla fontana-scultura che omaggia il capodoglio spiaggiatosi qui, nel lontano 1943. Ricorda inoltre che l’iniziativa parte dal Comune e dal Piano strategico di Rimini, sicché dal turibolo che fa volteggiare con maestrìa sul proprio capo, esce un aulente «In questi sette-otto anni di nuova mobilità e cambio dal cemento al verde, questa piazza rappresenta un inizio. Era un luogo degradato, oggi è l’inizio di un percorso: da questo angolo fino alla darsena, parte la riqualificazione realizzata attraverso un processo partecipato». Incenso, cemento e verde a parte, dato che dal «luogo degradato» si annuncia «l’inizio di un percorso […]», non si capisce perché non si sia cominciato con l’eliminare le incrostazioni dalla scultura. Anche perché, nelle immagini di Google Maps, pur andando a ritroso fino al 2010, il degrado di cui parla l’ex sindaco, non si vede affatto. Tranne le vasche di legno, tutto è come dodici anni fa.

La decadenza visibile in piazza della Balena “Bianca” è solo quella della fontana, unico vero pezzo di pregio e degno di tutela. Proprio perché voglio rendermi conto di ogni particolare, fotografo anche fin dentro la pancia della balena e per fare una battuta, mi rivolgo al signore del segugio che pare essere molto in sintonìa con le gesta dell’ex sindaco, e dico: «non c’è più nemmeno mastro Geppetto. È scappato». In quella, una signora passa lì vicino. Conduce la bicicletta a mano. I sacchi della spesa pendono rigonfi dal manubrio.

Nella pancia della balena Geppetto non c’è ma in compenso si trovano parecchi sassi.

Evidentemente, sente quanto sto dicendo. Con espressione serafica, lancia sulla scena una manciata di ghiaccio: «Geppetto sarà pure scappato, ma Pinocchio l’ho appena incrociato in centro a Rimini». A chi si riferirà? Poi si arrampica sul sellino e si allontana dimenando il culone come un’azdora di “Federico”. Il quadretto, molto felliniano, piacerebbe anche a Gnassi. O no?!

Il professor Massimo Marra, presidente della “Libera Accademia di Belle Arti di Rimini”, contattato per telefono, afferma che la rimozione del calcare è un’operazione che il restauratore e docente di Roma Stefano Lanuti sarebbe perfettamente in grado di eseguire. A breve, il professionista romano dovrebbe venire a Rimini per rimettere in sesto la scultura di Pino Castagna di piazzetta Teatini. Che sia il caso di interpellarlo? Nell’attesa faccio presente il problema anche all’Ufficio Relazioni con il Pubblico il quale lo gira all’Ufficio Qualità Urbana che risponde come segue: “Il monumento bronzeo per sue caratteristiche non necessita di manutenzione straordinaria. La manutenzione ordinaria degli impianti e del manufatto della fontana è in carico alla società Anthea”. Il funzionario comunale dell’ufficio di cui sopra che contatto per telefono per specificare meglio le condizioni del cetaceo, mi assicura che andrà di persona a fare un sopralluogo. Questo lo stato delle cose. Ci saranno sviluppi? Speriamo che infine la balena ottenga finalmente l’attenzione che merita.
Dunque “in bocca al lupo, come recita l’adagio e… la seconda parte, meglio tralasciarla!

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